N19 Lo sapevi che … eupolis a domicilio – BREVE STORIA DEI COTONIFICI DI PORDENONE

BREVE STORIA DEI COTONIFICI DI PORDENONE

Pordenone è un esempio d’insediamento che, già sotto il dominio veneziano, si è connotato come centro manifatturiero particolarmente adatto allo sviluppo di attività produttive preindustriali. Questo processo è continuato nelle successive fasi storiche con la fondazione di cotonifici, impianti di maggiori dimensioni e più moderna concezione, specchio della vera e propria prima industrializzazione del territorio. Pordenone, la piccola “Manchester del Friuli”, grazie ad essi è stata in grado durante la seconda metà del XIX secolo di competere, da protagonista, con il settore tessile del Lombardo-Veneto.

Oltre a motivazioni di natura storico-economica, un fattore determinante è stata la presenza di acqua, sfruttata sia per la produzione di energia, sia come via di comunicazione per l'approvvigionamento delle materie prime e per la commercializzazione dei prodotti. Incisero anche la presenza di manodopera a basso costo, la creazione delle linea ferroviaria e la prospettiva di apertura di grandi mercati, da prima verso l'Austria e poi, dal 1866, verso il Regno d'Italia. Voler trovare però una causa prevalente potrebbe risultare fuorviante e non permettere la comprensione della complessità stessa del fenomeno.

Il primo cotonificio, attivo dal 1843, fu lo stabilimento di filatura e tintoria di Torre; si configurò come una grande struttura sviluppata verticalmente. Venne edificato in un'area golenale del Noncello compresa in un'ampia ansa del fiume e fu alimentato da un canale artificiale, che deviando buona parte dell'acqua la faceva transitare direttamente nella struttura, per poi ricondurla nell'alveo naturale. Nel corso dei secoli l'impianto fu soggetto a cambiamenti strutturali anche notevoli, venne ribassato con l'introduzione di macchinari moderni ma più pesanti, dotato di una centrale elettrica e affiancato a poca distanza da altre strutture a sviluppo orizzontale, tra cui la Tintoria.

Pochi anni dopo, nel 1846, sorse a Rorai una tessitura meccanica; la struttura originaria si articolava in un corpo di 5 piani in cui vennero sistemati i telai e in altri due edifici minori tra cui quello in cui era alloggiata la turbina. La fabbrica era alimentata da un bacino artificiale fatto scavare appositamente per questa funzione, nel quale veniva accumulata l'acqua naturalmente presente nell'area. Come a Torre, la fabbrica venne più volte trasformata internamente ed esternamente, anche a causa di non rari incendi: si aggiunse una centrale termica con la sua immancabile ciminiera e progressivamente si “raddoppiò” l'intero stabilimento, che si sviluppò quasi a ferro di cavallo intorno al bacino.

Ma la “macchina” non si fermò. Nel 1877 risultava attivo, anche se in “forma embrionale”, il Cotonificio Amman & Wepfer a Borgomeduna. Per la fabbrica venne scelta nuovamente un'area acquitrinosa limitrofa al Noncello, detta delle Melosette, in cui si edificò una struttura a shed. Per questo stabilimento lo sviluppo, economico e architettonico, fu notevole e continuò sostanzialmente fino al 1958; l'intervento più significativo dal punto di vista anche simbolico fu la costruzione della Torre dell'orologio che qualificò l'entrata posta sulla facciata principale degli shed. Nel corso dei decenni vennero aggiunti interi reparti dedicati alle varie fasi di lavorazione, magazzini e officine, caratterizzati a volte da coerenza e a volte da discontinuità stilistica. Il cotonificio inizialmente sfruttava il fiume Noncello, nuovamente deviato più a monte, ma con il deciso aumento della produzione e il conseguente ampliamento dei reparti produttivi si palesò la necessità di una maggiore quantità di energia. Le risposte furono diverse: si utilizzò l'energia prodotta in centrali ottenute riconvertendo opifici più antichi, ma si trovarono anche soluzioni di grande impatto come la creazione nel 1894 del bacino artificiale del lago della Burida e del Canale Amman, che dal 1909 portava nell'ormai potente centrale elettrica della fabbrica parte dell'acqua del fiume Meduna, captata a chilometri di distanza e ributtata dopo il passaggio nella fabbrica nell'alveo del Noncello.

I cotonifici pordenonesi costituirono un vero polo industriale, attivissimo fino al XX secolo.

Oggi, oltre alle fonti, a raccontarci questa storia sono le vestigia di alcune strutture e dei loro impianti: tracce che segnano il paesaggio urbano e l'assetto idrografico, la storia economica e sociale, la memoria della comunità.

Molte informazioni e immagini sono pubblicate ad esempio in: F. Crippa, I. Mattozzi, “Archeologia industriale a Pordenone. Acque e fabbriche dal XV al XX secolo”, Comune di Pordenone, editore Del Bianco, Udine, 2003.

Foto aeree: Google earth pro

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