N50 Lo sapevi che…Musei a domicilio – LA STORIA DELL’ORSO

LA STORIA DELL'ORSO

Cosa fare se durante una passeggiata nel bosco ci dovessimo imbattere in un orso bruno? Anche se non è un animale incline all’attacco ed è prevalentemente vegetariano, è bene allontanarsi lentamente… Nessun pericolo invece con l’orso bruno del Museo di Storia Naturale di Pordenone! La visione da vicino è anzi consigliata, anche perché si tratta di uno degli esemplari più grandi mai avvistati dalle nostre parti!

Al secondo piano del Museo, nella “galleria dei mammiferi”, è esposto un bell’esemplare di orso bruno europeo (Ursus arctos arctos), in questo caso specifico originario dei Balcani.

Le sue dimensioni sono notevoli e si ritiene fosse piuttosto anziano, come testimoniato dal cranio dello stesso animale, osservabile nella sala di osteologia adiacente. È un cranio di grosse dimensioni, tra i più grandi ritrovati dalle nostre parti, e con i denti molto consumati. Questi aspetti inducono ad ipotizzare che il nostro orso abbia trascorso parte della sua vita in cattività. Nella sala si può osservare anche il cranio di una femmina adulta della stessa specie, decisamente più piccolo e sottile.

Il nostro esemplare è stato abbattuto nei primi del 900, quando l’orso, così come il lupo, era ritenuto specie competitrice dell’uomo in ambito venatorio, oltre che animale pericoloso per gli allevamenti.

L’orso bruno è dal 1992 specie protetta in Italia ed è pertanto vietato abbatterlo, catturarlo e detenerlo.

La popolazione di orso presente oggi in regione conta meno di 15 individui, tutti maschi subadulti in transito dalla Slovenia, dove si annoverano invece tra i 400 e i 600 soggetti.

Per censirli, studiarne la genetica e monitorarne gli spostamenti, gli studiosi impiegano tecniche non invasive quali lo snow tracking e il mud tracking (rilevamento di tracce rispettivamente su neve e fango), la raccolta di immagini con fotocamere ad infrarosso e la raccolta di peli mediante la costruzione di “trappole” specifiche, ovviamente innocue.

Queste strategie, insieme all’uso di tecnologici radiocollari, consentono un costante monitoraggio della specie nella nostra regione.

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